Mennea, Simeoni,Dorio; quante volte abbiamo sentito questi nomi a cavallo tra Mosca ’80 e Los Angeles ’84 , trascinatori di una squadra e di un’epoca che il sottoscritto (come molti altri) non ha mai visto in diretta ma che gli esperti ai lavori hanno da sempre decantato come “L’età dell’oro”. Uno scorcio di storia sportiva scalfito in modo indissolubile nella memoria degli appassionati come metro di misura su cui confrontare ogni evento atletico passato presente e futuro. Ma, parafrasando un gergo cinematografico, è possibile che esista un sequel più bello dell’originale? Difficile ma non impossibile soprattutto perchè a “mente ancora calda” ogni tifoso tende sempre a difendere gli eroi della propria epoca tuttavia Jacobs Desalu Patta Tortu Tamberi Palmisano e Stano sono arrivati a Tokyo2020 da attori non protagonisti e ne sono usciti divi Hollywoodiani destinati a riscrivere la cinematografia dell’atletica Italiana. Già perchè un oro dalla marcia non è una sorpresa ma due nella stesa edizione ottenuti da due compagni di allenamento dello stesso paese e dallo stesso allenatore, è un evento epico! E che dire di Jacobs, l’atleta che noi bresciani sentiamo tutti un po nostro, qualunque cosa accadrà in futuro resterà sempre lui il “primo italiano campione Olimpico sui 100 piani”…parole che ancora oggi si fa fatica a pronunciare senza esserne stupiti e , come se non bastasse, eccolo raddoppiare nella staffetta 4×100 con un Tortu che ritrova se stesso sul filo di lana e quasi quasi non crede neppure lui all’impresa epica in cui hanno trascinato Faustino Desalu e Lorenzo Patta. Infine Gimbo Tamberi: l’unico che poteva già definirsi uno showman e, che, da Rio 2016 a Tokyo2020 , ha scritto un’opera drammaturgica che neanche il miglior shakespeare poteva regalargli finale migliore condito da quel contorno di spirito Olimpico del doppio oro condiviso con l’eterno amico rivale.
Ed allora ecco che ripropongo dal sito federale (cit. Nazareno Orlandi) il racconto della seconda giornata epica dell’atletica italiana che mai mi stancherò di rileggere rivedere e rivivere poichè “l’età dell’ORO 2020” è il nostro film . Quel sequel che per noi vale tanto quanto (o forse di più ) dell’originale e che io, come tutti ragazzi più giovani useremo per confrontare le imprese future raccontandole a figli e nipoti. All’ultimo mondiale avevo chiesto un pò di azzurro nel firmamento dell’atletica mondiale ma oggi ci ritroviamo con l’intera volta celeste che risplende d’oro!. Buona (ri)lettura!!
“Una delle imprese più incredibili e meravigliose dell’intera storia dello sport azzurro, in una Olimpiade azzurra da potenza mondiale. La staffetta 4×100 maschile sbanca lo stadio Olimpico di Tokyo con una galattica medaglia d’oro. È il trionfo di Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu, campioni olimpici con lo spaziale record italiano di 37.50 battendo la Gran Bretagna (37.51) e il Canada (37.70), firmando il secondo tempo di sempre in Europa e il quinto di tutti i tempi al mondo. L’Italia sfonda nel medagliere: soltanto ori, cinque in tutto, in una spedizione da apoteosi per l’atletica azzurra.
Gli dei della velocità parlano italiano. Siamo sulla luna, siamo i più veloci del mondo. È la serata che riscrive la storia dello sport italiano, probabilmente uno dei capolavori maggiori di ogni epoca (spetterà ad altri dirlo), perché ottenuto dal gruppo, quindi espressione di un intero movimento. Lasciano senza fiato gli azzurri, con tre cambi magistrali, quattro saette che incendiano la pista e divorano gli avversari. Forti, fortissimi. Dopo l’epopea della Giamaica, spunta il sogno inatteso e regale dell’Italia: lo sprint azzurro è padrone del mondo. Lorenzo Patta, a soli 21 anni, sardo doc, scatta dai blocchi con la faccia tosta di un veterano. È perfetto il cambio con il campione olimpico dei 100 metri Marcell Jacobs (oro bis!) che si distende alla meraviglia, scatena ogni energia rimasta, al proprio quinto turno di gara in questa Olimpiade, e consegna il bastoncino a Fausto Desalu in linea con tutte le big mondiali. Il cremonese si esalta, azzanna la curva, macina la sua frazione e lancia Filippo Tortu. Il resto dell’apoteosi lo completa il primo uomo d’Italia sotto i dieci secondi nella storia: testa a testa con il britannico Nethaneel Mitchell-Blake – partito leggermente avanti – e il campione olimpico dei 200 metri, il canadese Andre De Grasse, l’azzurro è travolgente, impressionante, senza limiti. L’oro olimpico è nostro. Vinciamo sempre noi. Ancora noi. Veloci come il vento.
Tutto il mondo ci guarda e applaude. Il quartetto azzurro impazzisce di gioia, esplode negli abbracci più avvolgenti, più folli, quattro amici da sballo. Una pazzia, sì, davvero. La squadra italiana è in visibilio, nello spicchio di curva riservato alle delegazioni: il “po po po po po po po” lo cantano tutti a squarciagola, poi allo stadio rimbomba, inevitabile, “Nel blu dipinto di blu”, quindi “Notti Magiche”, a suggellare la più grande giornata dell’atletica italiana (oro Palmisano, oro staffetta) insieme a quella del 1° agosto. È un’estate memorabile, tra Wembley, Wimbledon e Tokyo. Emozioni indescrivibili, un record italiano disintegrato (ieri 37.95 in batteria che batteva già il 38.11 di Doha), il compimento di un percorso di crescita che negli ultimi anni aveva sciorinato segnali, per l’atletica italiana, ma non ancora il botto. Eccolo, il botto. Ed è una deflagrazione. Siamo secondi nel medagliere, dietro solo agli Stati Uniti. Un rumore assordante. Mai così piacevole.”